Mostre – Domenico Mangione “Il tempo della forma” alla BPL

Mangione è figura che da decenni attraversa silenziosamente l’ arte di casa con un’operosità che diremmo “pudica”, mai esibita, esponendosi più alla disattenzione e alla sottovalutazione dei concittadini pur essendo un artista che ha sempre mostrato omogeneità di comportamento e di linguaggio, meritevole di attenzione non sbrigativa e superficiale Di lui si è in ogni caso scritto più volte volte: in occasione di sue mostre all’Arsenale di Bertonico, all’Oldrado da Ponte, della sua presenza alla Fiera di Parma, della personale al Conventino di Lodivecchio, della trasferta al Trasimeno eccetera.

Dopo  lunga assenza dalle scene è tornato ora a esporre allo Spazio Arte Tiziano Zalli con una selezione di lavori che riassumono un’arco di attività dagli anni novanta ad oggi, una serie di paesaggi e bozzetti su carta, con cui dimostra l’appassionata elaborazione ch’egli dedica alla materia pittorica avviata dai tempi in cui era disegnatore tecnico alle Officine Gay a San Fereolo.

In passato era stato scritto di un’espressione sottratta alle radiazioni del colore e rivolta più a sottomettere l’occhio e la mente, a riflettere su un ordine tecnico. Risultata da un processo che, sospingeva collanti, gessi, acrilici e materiali diversi verso l’immagine, verso congiunzioni figurali in grado di dare senso alla costruzione formale.

Questo suo procedere  non è venuto meno col tempo. Continuità e variazione  restano punti determinanti che disegnano il percorso artistico. Ne disegnano una storia precisa e la sottraggono alla sottovalutazione.

Nel panorama figurale cittadino Mangione è dei pochi che sanno tenere omogeneità di comportamento e di linguaggio. L’esibizione in corso da dimostrazione della sua capacità nel tenere insieme manualità artigiana e abilità creativa, un linguaggio che non s’è fatto tentare da variazioni e mutamenti modaioli. Non c’è pertanto nulla di nuovo di dire di lui, se non che nelle sue opere trovano un consolidamento il senso della misura e della struttura. Alle pareti di via Polenghi il visitatore ammira esposti lesemplari consegnati da una tecnica compositiva in cui è primeggiante il gusto dell’applicazione. La rilevazione che ogni cosa (colore, materia, segno) è da lui collocata in funzione di immagine,  compattezza. equilibrio.

L’artista è arrivato a consolidare una espressività senza estroversioni e aggressività, semplicemente materiata e consegnata dalla pratica e dalla sensibilità. A una pittura che è il risultato della capacità di fare: dell’abilità, della conoscenza, della predisposizione a una creatività sottile e puntuale come può essere l’ emergenza fisica delle trame contro la superficie, l’allineare spessori, il giocare  con gli accostamenti e le modifiche, l’ affidare al segno interventi che tolgono l’ eccesso di fissità e rigidità.

Un orientamento rimasto compatto negli ann; una figurazione sorretta con stesure sensibili e delicate nelle intonazioni, con una materia e un colore quasi spalmati sulla superficie e l’introduzione del segno. I suoi paesaggi nascono da campiture d’intensità diverse, da un intreccio di forme ortogonali e orizzontali; articolate in segmenti e in angoli retti,le costruzioni traducono luoghi immaginari, combinando una poetica rappresentativa con una non figurativa.

La suggestione del colore è trascurata, mentre è lasciato spazio alle vibrazioni delle ‘tessere’ compositive. Mangione conduce tutto con precisionismo specialistico, conservandogli uno stupore intriso di intimismo e di silenzio, realizzando una pittura tattile, sensibile, che intriga l’occhio esperto e incanta quello meno esigente con una sua limpidezza piena, uniforme, e insinuante.  (A.C.)

IL TEMPO DELLA FORMA. Personale di Domenico Mangione. Dal5 al 28 maggio p.v. a Bipielle Arte, Via Polenghi Lombardo – Spazio Tiziano Zalli, Lodi inaugurazione venerd=EC 5 maggio ore 17. Orari di apertura:gioved=EC e venerd=EC: 16-19;sabato e domenica 10-13 e 16-19

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Nota sulla retrospettiva (’70-’90) di Beppe Cremaschi

Insegnante, giornalista per professione, nonché pittore per hobby, Beppe Cremaschi (1946-2019) ha sempre manifestato curiosità e interesse alla  pittura, al riparo di una linea culturale garantita dalla esperienza di maestri nobili
Dopo la scomparsa (24 settembre 2021) e l’omaggio reso alla sua “poetica” all’ex chiesa dell’Angelo,  si è conclusa di recente alla Fondazione Banca Popolare di Lodi una vetrina di suoi lavori realizzati tra gli anni ’70 e’90. Ordinata da Mario Quadraroli e Marina Arensi, la selezione ha riconfermato l’ interesse di Cremaschi per le avanguardie storiche  e attraverso una pittura geometrizzate risvegliare in città, notoriamente scollata da ogni linea culturale estrema, un qualche interesse verso movimenti e correnti partiti dal futurismo, surrealismo, cubismo.
A cominciare dalle esperienze giovanili nel Gruppo C14 e delle successive personali (allo Spazio Quadraroli in corso Archinti, alla Botteguccia di Laura Bertolucci a Pizzighettone, al Castello di San Colombano, nonché le presenze alle Oldrado da Ponte) tutte le tappe espositive dell’artista hanno fornito dimostrazione testimonianza del suo rincorrere dati di conoscenza storica e dei contributi di ricerca plastica e di luce di derivazione futurista, ma senza impegnativi legami di tipo contenutistico. La sua è una pittura che apre finestre oblique e trasparenti nella luce e rende evidente il riferimento alla scomposizione, ai piani e ai ritmi dinamici, attraverso l’introduzione di elementi personali, simbolismi e allegorie.La mostra alla Fondazione BPL ha  reso evidente con quanta lucidità Cremaschi abbia affrontato i rischi di un linguaggio non convenzionale, che aiuta a vedere il mondo degli uomini e delle cose senza particolare spregiudicatezza, con temperatura affettuosa e lievemente fantastica. Da costruttore di forme, senza negarsi in qualche occasione all’ humour, nelle sue tele l’artista ha fatto campeggiare l’ordine post-cubista degli ambienti e delle composizioni segmentate con interventi che potremmo anche chiamare rabeschi. Ha realizzato figurazioni chiuse nel ritmo plastico, non ermetiche nei simboli, che liberano sullo sfondo una schietta naturalezza. compositiva.
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“Shells and Stones”: Francesco Borsotti nuovo ciclo di segni e simboli. Conchiglie e pietre

Benché le sue presenze a mostre e a esposizioni manchino da tempo (per scelta privata o determinazione istituzionale degli organizzatori), di Francesco Borsotti, pittore casalese si è scritto (almeno noi) ugualmente in molte occasioni, cogliendo motivi e pretesti. Tanto che oggi allargare lo sguardo nuovamente sulla sua pittura ( sia pure quella di più recente compimento) non scoprirebbe novità rispetto quanto precedentemente detto, ma semplicemente variazioni, sperimentazioni, strumentazioni…

Una “lettura” della sua produzione richiederebbe un diverso sforzo al recensore, quello di entrare nel “senso” dei significati ontologici verso l’interiorità, “recuperati” dall’artista a una narrazione attualizzata al tempo presente.

Il ciclo di lavori, a cui è dato titolo “Shells and Stones” non ha riferimento con la composizione del polistrumentista Roger Water. Si incentra sui simboli della conchiglia e dei sassi (o pietre), messi in rapporto a forme geometriche, al senso di equilibrio del tono colore, ai vuoti e ai pieni, alla struttura logica della costruzione e alla piacevolezza estetica.

Conchiglie e pietre hanno una storia singolare, come segno di vita e di resurrezione nella cultura cattolica la conchiglia; come simbolo dell’origine dell’universo il sasso (in quanto la vita sulla terra è nata sopra la roccia e l’elemento esiste dai primordi).

Dietro conchiglie e sassi si nascondono dunque grandi e profondi significati che la contemporaneità ha dimenticato o rimosso e che Borsotti recupera dal patrimonio iconografico religioso e della memoria

Non è qualcosa che nella sua pittura si incontra collocato passivamente, ma un richiamo preciso che nel contesto della narrazione partecipa e arricchisce il contenuto

Segni e simboli infatti conferiscono all’attuale fase della attività borsottiana l’energia concettuale che tiene insieme grafica e colore e permette all’artista di mutare e modulare sperimentando forme interpretative e riferimenti storici attendibili e probanti con risultati espressivi che vengono così sottratti alla replica  delle cose che esistono

In pittura Borsotti ricalca una sorta di viaggio intellettuale e interiore che non ricopia però lo svolgimento canonico dell’autobiografia nelle sue tipiche scansioni evolutive.

Una volta abbandonate le suggestioni e i ricordi del mondo familiare l’artista casalese ha spostato la ricerca a un linguaggio disseminato di segni e simboli e collage, in un tessuto omogeneo improntato a una terminazione dove le idee stimolano considerazioni meno distratte e superficiali di tanta arte corrente oggi sul territorio.

Aldo Caserini

ANTOLOGICA. PIETRO TERZINI PITTORE CRONISTA DI MEMORIE

All’ex chiesa dell’Angelo di Lodi una mostra per i 70 anni dell’artista-psicoterapista, interamente modulata su ricordi, poesie, cronache e storia. L’antologica affidata a “involucri” di frasi qualificanti di personaggi celebri trattate creativamente  dal nipote, noto designer milanese.

 

Con autentico scorrimento di immagini, a loro volta accompagnate da una ventina di poesie e di brevi racconti  e poste sotto il titolo “seventy, years in a breath” (“settanta anni in un soffio”) torna ad esporre all’ex chiesa dell’Angelo a Lodi lo psicoterapeuta lodigiano Pietro Terzini, autore di una quarantina di pitture che riepilogano le tappe del suo percorso di vita e di artista, messo sul cammino da “Mamma Maria”.

L’ esposizione, che si avvale della collaborazione artistica di Angela Papetti, moglie del pittore, del sottofondo musicale e degli arrangiamenti di Angelo Cipolla, dell’assistenza tecnica di  Giancarlo Zuffetti  è cadenzata in ogni paio di lustri da frasi significative elaborate da Pietro Terzini junior, nipote dello psicologo.

Trentenne, architetto milanese, noto designer del mondo dell’arte e della moda, Terzini j è un creativo famoso, apprezzato grazie alla notorietà consolidata sulla rete americana Instagram e in qualità di consulente marketing per la pubblicità e la comunicazione di note case.

Di pratica contemporanea Terzini j si è imposto con un movimento di parole  che spinge avanti il processo di lettura attraverso la formazione di rappresentazioni mentali. Concretamente è autore di un’ metodo  definito dagli esperti del linguaggio “arte involucro”. Che vuol dire arte costruita, ricostruita, riattivata in cui vengono interconnette griffe, pubblicità, loghi, frasi, doppi sensi, promotion, forme ecc.

All’antologica dello zio, Terzini j prende parte scandendo per decenni  frasi pronunciate da personaggi famosi: Marilyn Monroe, Martin Luther Kingh, John Lennon, Guido Borsellino, eccetera.

L’ esibizione di Terzini-veterano, in agenda dal 25 marzo al 16 aprile, è patrocinata dal Comune di Lodi e dalla Bcc Laudense e si preannuncia accattivante per la  nota  consolidata fluidità espressiva dell’artista, pittore noto di immagini figurative dall’ impronta amorevole, familiare, sostenute da convincente narrazione, non concettose o cifrate, in cui fa prevalere l’essenzialità, la relazione, il sentimento umano.

Di segno pop ma di non marcata incidenza sul linguaggio, Terzini conferma un percorso espressivo senza motivazioni processuali, privo di eccessi di materia, gesti o altro, in cui distilla nostalgie, l’abbandono ai ricordi e ai lirismi e si affida spesso al colore: ai verdi trasognanti, ai rossi vitali, ai blu marini…

Durante l’esposizione è prevista una raccolta di fondi sarà dedicata a favore di Unicef per le popolazioni dell’Afghanistan

 

RIVISTE LETTERARIE E OPERE DI ARTISTI AL CESARIS DI CASALPUSTERLENGO

Mercoledì  prossimo all’I.I.S. “Cesaris” di Casalpusterlengo, in via Cadorna, all’interno della ventesima edizione del ciclo “Cesaris per le Arti Visive”, a cura di Amedeo Anelli — si inaugura una esposizioni di riviste letterarie, disegni e dipinti.

La mostra  Viste, Riviste e Movimenti 2  fornisce una esemplificazione dei rapporti fra visualità e letteratura a partire da alcune riviste storiche dal Settecento ai giorni nostri e la relazione di opere di alcuni artisti e la Letteratura.

In esibizione saranno copie di riviste quali «La Frusta Letteraria», «Il Caffè», «Il Lampione», «Il Conciliatore», «Il Leonardo», «Lacerba», «Poesia» (di Marinetti), «La Voce», «La Ronda», «Circoli», «Il Primato», «Il Frontespizio», «Corrente di vita giovanile», «Il Selvaggio», «Parallelo», «La Riviera Ligure», «Il Politecnico», «Officina», «Marcatre»….fino alle contemporanee «Poesia» (di Crocetti), «Atelier», «L’Incantiere», «Alfabeta», «Incroci», «L’immaginazione» «Kamen’», «Fuori/Asse» e lavori di Guido Conti, Fernanda Fedi, Gino Gini, Mino Maccari, Mata, Giorgio Ramella, Arrigo Lora Totino, Mario Vellani Marchi, William Xerra.

Orari d’ apertura: da lunedì a venerdì ore 8,00 – 17, 30; sabato ore 8,00 – 14,00. Festività escluse.Fino al 3 maggio.

 

La guerra solitaria di un calcografo lodigiano contro lo smarrimento di interesse per la grafica d’arte

Scrivere, il giorno d’oggi, di grafica d’arte, di incisione calcografica o di stampe d’arte, richiede anche a un cronista esperto una decisa dose di volontà e coraggio.

Non basta più commentare le valenze grafiche dei materiali e dei  procedimenti delle silografie e calcografie sotto esame. Serve superare la germiniate di altre condizioni che rendono irto di ostacoli l’allineare pensieri, esperienze, risultati individuali e di gruppo rappresentati da un muro di convenzioni che costituiscono una reazione diversa all’orientamento della critica. Si pensi solo ai meccanismi perversi del mercato, alla comunicazione di massa, al trascinamento interessato del gusto, alla perdita di responsabilità e autorità della figura del critico, alle forzature ideologiche del sistema…

Non è cosa nuova: il linguaggio della grafica, con i dovuti distinguo, oggi non “cattura” più l’interesse generale: sono ridotti a rarità gli artisti che lo praticano e con essi coloro che in passato contribuivano a promuovere un approccio consapevole verso una attività e le sue radici. Inevitabilmente, sul territorio, mancando di ogni richiamo e  tensione, la stampa originale d’arte ha perso  ogni impronta. Con  danno imperdonabile per la cultura visiva e l’innervarsi in altre strutture.

Contro questo mondo finto, sospeso, chiuso in parentesi, sono rimasti  pochissimi, forse solo un pugno gli incisori, che generano nei loro fogli il senso della profondità temporale della natura dei luoghi, della poesia e delle cose. Tra di essi il calcografo-acquafortista Teodoro Cotugno, protagonista, nei mesi passati, di due mostre milanesi che lo hanno riconosciuto acquafortista dallo sguardo pensante e dal segno gradevolmente affascinante,  autore di immagini cariche di contemplazione. Due esposizioni che avrebbero meritato interesse anche dai compaesani dell’alaudense. Ha dovuto contentarsi dei consensi ambrosiani e continuare a battersi contro la diffusa indifferenza di casa.

Aldo Caserini

LUCIO FONTANA E FRANCO DEBERNARDI IN UN INTERVENTO DELLA STORICA DELL’ARTE BOLOGNESE MICOL ARGENTO

Dall’orizzonte della produzione pittorica attuale la ricerca delle fasi di reciprocità e iterazioni tra anelli (o cellule) che forniscono effettività alla conoscenza dei pittori attraverso gli elementi di specificazione dei flussi formativi delle loro esperienze, sembra oggi interessare scarsamente  la presenza di elementi adeguati a capire la formazione e presenza di immagini e pensieri e risultati.

Contro questo mondo chiuso  sembra agire il volume della storica dell’arte Nicol Argento, bolognese, giornalista free lance, collaboratrice del quotidiano Repubblica della quale è fresca la stampa  “Due Spazialisti a confronto: Franco De Bernardi e Lucio Fontana” (Edizioni La Notizia, Piacenza, 2022, pagg.38, €13,00) in cui l’opera dell’artista ottantenne codognese e quella del celebre fondatore dello spazialismo italiano ( marito della lodigiana Teresita Rasini) e defunto nel 1968

Che cosa accade quando le opere di due artisti, uno dei quali noto maestro,  da latitudini e punti di vista diversi, si interrogano sulle soluzioni recondite tra forma e spazio dopo essere stati accostati l’uno all’altro in una recente esposizione?

Sia pure parziale una risposta, si coglie dalle lettura del quaderno-catalogo su Lucio Fontana e Franco De Bernardi progettato con rigore dalla galleria patavina che segue con cura la pittura dell’artista codognese.  La pubblicazione  conferma la vocazione dell’artista lodigiano di andare oltre il corpo plastico con una pittura che ruota da tempo ad esplorare il soggetto materia attraverso l’uso bidensionale delle colle,  lasciando tracce segniche sulle ardesie e sui  fondi procurati attraverso plastiline, rimesse da una “calligrafia” che pur passando da un supporto all’altro. da una tessitura di pura sensibilità a scelte dai richiami naturalistico-materici, non rinuncia a un proprio stile, incrociandosi con tentazioni spaziali che fanno pensare a investigazioni e connessioni con l’arte che fu di Lucio Fontana..

L’operazione editoriale condensa le esibizioni dell’artista, dando evidenza ai risultati conquistati dalle tecniche d’uso dei materiali percettivi e connotativi.

De Bernardi è riconosciuto artista dai “tratti singolari” che regge una ricerca coerente da conferire efficacia e meraviglia alle immaginazioni  sia nelle  trame spazialiste del mondo, sia quando nel cogliere sensibilità endogene.

 In conclusione, un tracciato quello della Micol Argento che mette a accosta gli apporti di diversi artisti spazialisti seguaci di Fontana,  e coglie nei risultati di De Bernardi di distinguersi con forza  dando al suo al disegno espressivo un senso. Che talvolta  arriva a svelare con forza a lo spazio dentro le apparenze.

Aldo Caserini

Le mostre: “Viaggio nella ricerca” di Andrea Alkin Reggioli alla BPL

La nuova mostra, all’interno della rassegna “Arte in Atrio” allestita a Lodi da BPL è  stata dedicata all’artista di origine bulgara Andrea Alkin Reggioli, ida tempo impegnato a condurre una ricerca attorno al linguaggio visuale basata sulla decodificazione di spartiti di batteria e  all’ interfacciare  con altri linguaggi artistici, come la musica e la danza.

“Viaggio nella ricerca” –  il titolo dato alla esposizione  di via Polenghi Lombardo è in programma fino al prossimo 29 novembre.

Nato a Dobritc, Andrea Alkin Reggioli ha superato da poco i trent’anni, risiede a Casalpusterlengo, dove la sua attività di artista  non ha ancora raccolto la meritata attenzione. Ha fatto parte di un gruppo heavy-metal e conseguito il diploma specialistico in arti visive e studi curatoriali, E si è subito distinto per la ricerca di nuove modalità espressive multimediali.

L’atto dell’osservare è fondamentale alla sua ricerca. E’, infatti, l’osservazione analitica che lo porta a tradurre processi di assimilazione con  altre forme artistiche (la musica e la danza)  componendo immagini e intrecci di insiemi. Sono  le partiture di batteria a catturarlo e  destreggiano in processi di espressione. Linee e forme, distanze, orditure, ritmi, intensità grafic alla fine catturano il visitatore con soluzioni personali di palesi potenzialità espressive si scoprono strutturali.

La procedura è una procedura di texture, una costante di energie concettuali e inventive  che traducono valori espressivi in immaginazioni.

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MOSTRE: Teodoro Cotugno al Centro dell’Incisione a Milano presentato da Patrizia Foglia

Si inaugura alle 18 di giovedì 27 p.v. al Centro dell’Incisione a Milano una personale del calcografo-acquafortista Teodoro Cotugno.

Il nitore, la pulitezza dei fogli, il modulato chiaroscurale, le tonalità, la qualità e delicatezza degli scavi sulla lastra danno identità alla maestria operativa grafica di Cotugno, alla sua strabiliante manualità facendolo conoscere in Italia per i risultati della sua instancabile vocazione creativa. Un approccio meno tecnico lascia spazio a una interpretazione più orientata ai “contenuti” elaborati dall’artista, all’arricchimento culturale di posizioni naturalistiche, collegate e rese coerenti.

Nella mostra annunciata, l’artista affronta tematicamente la suggestione degli effetti procurati dalle nevicate e dall’imbiancamento del paesaggio nostrano.

Anche se non dichiarato, il tema affrontato da Cotugno colloca le immagini create, lontano da quelle popolari, diffuse da letterati e poeti di successo: lontano da un Gozzano che non esitò a definire la neve “quella cosa monotona infinita” e, solo per citarne alcuni, lontano dal Pasternak del dottor Zivago che non esitò ad attribuire alla neve il compito di “avvolgere la terra di funebri lenzuoli”. Cotugno, da pittore grafico, vede la neve come un precipitare di segni, forme e armonie, favorevoli alla terra e al paesaggio, che procurano vigoria e forza con risultati visivamente piacevoli, vibranti di dolcezza e “colore”.

La mostra, allestita da Gigi Pedroli e dalla moglie Gabriella Cesarico – sempre sulla breccia! – sarà presentata all’inaugurazione da Patrizia Foglia, curatrice delle Civiche Raccolte storiche di Milano e critica d’arte. L’esposizione proseguirà quindi fino all’8 novembre p.v.

Alla storica cascina, per le sue numerose apparizioni e per l’ampiezza della sua produzione ricca di dettagli fondamentali, Cotugno è riconoscibile. Nel rapporto emozionale che i 25 fogli alle pareti restituiscono, il visitatore potrà rintracciare lo sguardo sorprendente dell’autore: uno sguardo insistente, pensante, pronto a affidare alla mano e al segno particolari creati dalla neve o sulla neve e dietro ad essi, oltre alla messa a punto dei più giusti modi di impressione, l’esistenza valorizzante di realtà (ambienti, agglomerati civili, monumenti, reperti storici, chiese). Realtà che a loro volta, sospingono alla contemplazione e sentimento.
Nella nuova uscita Cotugno definisce l’inconfondibile carattere del suo fare arte vivendo la natura. Scelta che basta a confermare la singolarissima definita qualità nelle sue acqueforti e la presenza in esse di ritmi, trame, sintesi, facoltà, libertà narrativa. Non un orientamento neotradizionalista ma l’incontro appassionato tra idea grafica e senso (non personalistico) della realtà a cui l’artista somma il dato devozionale per il paesaggio e la natura, la sua ‘metafisica’, la scoperta lucida del possibile incontro tra paesaggio naturale e poesia serenamente esistenziale.

Aldo Caserini

ANNIVERSARI – “FORME 70” : DIECI ANNI DI “TRAVETTERIA” (1200 articoli postati WordPress)

Nel primo semestre di dieci anni fa  prendeva il via Forme ‘70 (www,Formesettanta.com). Questo mese ha raggiunto 1200 articoli “postati” online. Non  brandelli di informazione, mai veri e propri articoli di mostre, pittori, scultori, illustratori, grafici, novel graphic, poeti, narratori in gran parte presenti sul territorio nonché  recensioni di libri e riviste ed eventi editoriali e l’aggiunta di  qualche “opinione” suggerita da materie  problematiche. Come direbbe qualche pubblicitario un “bel” traguardo, costruito su una altrettanto bella ( si fa per dire) faticaccia.
Del traguardo siamo naturalmente grati a coloro che ci seguono, ai nostri followers, (pochini ma selezionati e fedeli) che ci aiutano a migliorare i risultati, e grazie anche a WordPress,com   che ci ha favorito con l’ offerta di creare gratuitamente il sito  servendoci di una piattaforma che ha permesso a noi nati prima della grande guerra, di avviarci a un linguaggio in cui spesso vocabolario e linguaggio tradizionali non si intendono con il nuovo introdotto dall’informatica, e grazie anche ai “rilanci” di Twitter e Facebook.
1200 articoli  postati dimostrano che la nostra pedantesca  travetteria  qualche ragione dovrà averla. Chi ha avuto pazienza  nel seguirci può (forse) dire di aver ricevuto qualche idea o qualche informazione in più. Certo, per ambizione, avremmo  voluto regalare a chi ci segue un “prodotto” senza errori,  più aggiornato e gustoso con un “impaginato” migliore. Che sarebbe anche possibile se fossimo  nella condizione di fare nostre le proposte professionali e gli aggiornamenti di WordPress.
A parte ciò, 1200 articoli sono un lavoro autoriale cospicuo per un sito che non si muove secondo statistiche- anche se quando le vediamo migliorare ci sentiamo gratificati.

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