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ALBERTO SAVINIO. Complessità tra il visibile e il dicibile

Cos’è mai la complessità in arte? Il piacere di dipingere difficile; di narrare difficile; di poetare difficile? Quanto c’è nella complessità dei vizi delle avanguardie e dello sperimentalismo? Il contrario vuole significare dipingere, narrare, comporre una poesia o una musica con linearità, semplicità, coerenza. Naturalmente, le risposte sul senso della complessità sono sempre molte. Una di queste è dello scrittore Alessandro Baricco, che ci piace ricordare: la complessità: “è un grimaldello” per giudicare (un quadro, un romanzo, una poesia, un film.
Complessità, non è sinonimo di difficoltà; questo è il vizio di molti artisti, scrittori, poeti, musicisti che presentano aspetti inquietanti della confusione, del disordine, dell’ambiguo, dell’incerto.
Quando si parla di complessità, si cita di buona voglia Alberto Savinio ( Andrea de Chirico) che fu pittore e scrittore acutissimo, di talento, un vero vortice di originalità, contrastato da tanti critici bru-bru che lo accusarono per i suoi soggetti metamorfici e le surreali commistioni tra mondo animale, vegetale e minerale.
Tiraratelo in ballo sulla “complessità” e il rischio è assicurato,  quello che in un saggio su Il Verri (Milano, n. 33, gennaio 2007) il semiologo dell’arte Paolo Fabbri aveva presentato come una “gaffe semiotica”: “…che, per sua vocazione, è un metodo adeguato ai caratteri più singolari di Savinio: il plurilinguismo e la multisegnicità. Diversità di sostanze espressive e di contenuto – lingue naturali, generi letterari, teatro, pittura, scenografia, ecc… – che Savinio indicava come le manifestazioni di un universo di senso coerente. E  aveva citato lo stesso Savinio: « Chi ha visto le mie pitture, chi ha letto i miei libri, chi ha udito la mia musica, sa che mio unico compito è dare parole, dare forma e colore, e una volta era pure dare suoni a un mio mondo poetico» (O: 473). La coesione di un discorso che si svolge «dalla musica alla poesia, dalla poesia alla pittura e dalla pittura al pensiero “puro”».
Andrea De Chirico nacque nel 1891 ad Atene, da genitori italiani, la madre era una baronessa del nord, il padre un ingegnere siciliano che costruiva in Grecia ferrovie. Ad Atene studiò musica; e con un premio di composizione in tasca lasciò il paese alla morte del genitore. Finì a Monaco, frequentò Max Reger, allora soprannominato “il Bach moderno”, poi fu a Milano e a Firenze, quindi a Parigi, accolto insieme al fratello da Guillame Apollinaire. Lì assunse lo pseudonimo di Alberto Savinio.
Le mostre che gli furono ordinate (alcune anche recenti ai Musei degli Eremitani a Padova, alla Fondazione Magnani Rocca, su format da Mazzoleni-Torino)e) cercarono (senza dichiararlo) di stabilire chi dei due fratelli avesse avuto influenza sull’altro. Insipidezze di critici! E’ risaputo che quando de Chirico inventò la pittura metafisica, Savinio si aggirava attorno agli stessi personaggi, i manichini, le piazze deserte, le arcate misteriose, le poltrone, eccetera …
Nella eterogeneità di pittore, scenografo, illustratore, scrittore, musicista egli cercò di dare un senso comune alle sue attività attraverso la linearità e la leggibilità. E’ stato perciò un artista che ha sempre diviso i critici: gli estimatori ne esaltavano la genialità presente in dipinti che irridono ogni retorica con inesauribile fantasia, il suo humor, la sua saggezza; gli avversari, lo accusavano di esterofilia e di gusto macabro, di indifferenza degli uomini, di “dilettantismo”.
In realtà egli portò avanti in pittura una propria linea nel fantastico penetrazione uomo-animale; insistendo però anche a smascherare le certezze borghesi e le proprie, a parodiare i soggetti mitologici e il citazionismo (l’ appropriation art, che teorizzava il ritorno alla manualità e all’uso dei colori); mentre in letteratura praticò forme brevi o miste e comunque sperimentali, alternando prosa e poesia, italiano e francese, stile aulico e disfemismi, mescolando generi e toni diversi fra loro (lirico, visionario, drammatico, narrativo, oratorio). Un mescolamento che lo fece accusare di complicatezza e inaccessibilità. Giudizio che la critica più recente (Alessandro Tinterri dell’Università di Perugia) sta smantellando, raccogliendo informazioni che ricostruiscono la storia interna ed esterna di ogni singolo testo, e dei possibili itinerari della scrittura saviniana.
Sul piano politico Savinio esordì manifestando idee fortemente antisocialiste e belliciste. di critica alla democrazia e all’egualitarismo, colpevoli a suo dire di avere banalizzato l’arte. Dopo una fase di vicinanza al regime fascista se ne allontanò nel 1939 e con l’armistizio rese più esplicite le sue idee liberali ed europeiste.

Aldo Caserini

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